EAA, la Direttiva Europea sull’Accessibilità digitale

EAA: la Direttiva Europea sull’accessibilità digitale (in vigore) e cosa devono fare oggi aziende, e-commerce e servizi online
La normativa europea, che è entrata in vigore il 28 giugno 2025 e che riguarda l’accessibilità digitale, è la direttiva 2019/882 del parlamento europeo approvata il 17 aprile 2019 e comunemente chiamata European Accessibility Act (EAA), ed in italiano “Direttiva Europea sull’Accessibilità” .
Dicembre 2025: l’European Accessibility Act è in vigore da circa sei mesi. Questo non è più un tema “da preparare”, ma una condizione operativa già richiesta per molti prodotti e servizi digitali offerti nel mercato europeo. In pratica: se oggi il tuo sito, e-commerce o servizio digitale è inaccessibile, il rischio non è teorico. È concreto (segnalazioni, verifiche, richieste di adeguamento, sanzioni) e può impattare continuità del servizio, reputazione e performance commerciali.
In questo articolo trovi una spiegazione completa dell’EAA, ma soprattutto una lettura decisionale e operativa: a chi si applica, cosa significa “conformità”, come gestire dichiarazione di accessibilità, rischi e sanzioni, deroghe reali, e come impostare un piano di adeguamento sostenibile (non solo una lista di fix).
In sintesi per chi decide
L’EAA è in vigore dal 28 giugno 2025. Se offri servizi digitali rivolti al pubblico (es. e-commerce, banking, trasporti, telecomunicazioni, media digitali), l’accessibilità non è opzionale: devi progettare e mantenere i touchpoint in linea con requisiti di accessibilità, tipicamente ricondotti alle WCAG livello AA e alla norma tecnica di riferimento.
Oggi la domanda utile non è “Dobbiamo adeguarci?”, ma: “Siamo conformi adesso? Dove non lo siamo? Quali rischi stiamo correndo e con quale priorità dobbiamo intervenire?”
Un approccio efficace non parte dal “rifacimento del sito”, ma da un audit: evidenza degli scostamenti, impatto sugli utenti, impatto legale e impatto sul business. Da lì si costruisce una roadmap realistica, con responsabilità interne, priorità, test e manutenzione.
Chi deve intervenire subito
Se sei un imprenditore, un CMO, un responsabile e-commerce o IT, la domanda corretta nel 2026 è: “Questo obbligo mi riguarda già, oggi, con responsabilità diretta?”
Nella maggior parte dei casi in cui un’azienda eroga servizi digitali al pubblico, la risposta è sì.
In termini pratici, devi trattare l’accessibilità come un requisito “di produzione”, non come un progetto accessorio, se:
offri un servizio digitale B2C; vendi online; gestisci prenotazioni; pagamenti; aree riservate; customer care digitale; form di contatto o lead; processi di registrazione; strumenti di preventivazione o configuratori; portali informativi essenziali.
Importante: la responsabilità non si annulla perché “il sito è vecchio”, perché “lo fa il fornitore”, o perché “è un tema tecnico”.
L’accessibilità è un requisito del servizio erogato. E un servizio digitale non conforme può esporre l’azienda a richieste di adeguamento, segnalazioni e sanzioni.
Se invece operi solo in B2B e non eroghi servizi al pubblico, potresti avere margini diversi (ne parliamo nella sezione deroghe), ma attenzione alle zone grigie: basta un’area di servizio rivolta a utenti “non interni” o a consumatori finali per rientrare nell’ambito.

Cosa cambia davvero con l’EAA già in vigore
Quando una normativa entra in vigore, cambiano tre cose: priorità, prova, manutenzione.
Non basta più dire “abbiamo fatto attenzione” o “ci stiamo lavorando”: serve poter dimostrare che il servizio è progettato e mantenuto in modo accessibile.
Priorità: l’accessibilità entra tra i requisiti critici insieme a sicurezza, privacy e compliance.
Prova: diventano centrali audit, evidenze, criteri misurabili e dichiarazioni coerenti con lo stato reale del sito/app.
Manutenzione: la conformità non è una fotografia; è un processo: nuovi contenuti, nuove funzionalità, plugin, campagne, modifiche di UX/UI possono rompere l’accessibilità in modo invisibile se non esiste un presidio continuo.
Per molte aziende, il vero scoglio non è “fare 20 fix”, ma costruire un modello di governance che impedisca di tornare non conformi dopo ogni release, ogni nuova landing, ogni nuovo blocco editoriale.
Cos’è l’European Accessibility Act (EAA)
L’European Accessibility Act (EAA), ovvero la Direttiva Europea sull’Accessibilità ha l’obiettivo di garantire che i prodotti e i servizi digitali, messi sul mercato europeo, siano accessibili a tutti, indipendentemente dalle loro disabilità. Questo significa che siti web, app, e-commerce, piattaforme di streaming e molti altri servizi digitali dovranno essere progettati e sviluppati in modo da poter essere utilizzati da chiunque, comprese le persone con disabilità visive, uditive, motorie o cognitive.
In concreto, “accessibile” non significa “più bello” o “più semplice” in senso generico: significa che l’utente può percepire i contenuti, navigare, comprendere e completare azioni fondamentali (ricerca, selezione, acquisto, registrazione, richiesta contatto) anche usando tecnologie assistive o modalità alternative (screen reader, tastiera, ingrandimenti, comandi vocali).
Per questo l’accessibilità non riguarda solo chi “ha una disabilità permanente”: riguarda anche chi ha limitazioni temporanee, chi naviga in condizioni non ideali e chi utilizza device diversi. In altre parole: accessibilità e performance di esperienza tendono a convergere.
Era necessaria l’EAA?
Il dato, fornito da Eurostat, secondo cui in Europa una persona su quattro, con età maggiore di 16 anni, vive con una disabilità è un’informazione cruciale per comprendere l’importanza dell’accessibilità. Nello specifico in Italia siamo a 1 persona su 5, sotto la media europea.
Questa statistica, infatti, ci dice che una parte significativa della popolazione europea ha, ogni giorno, delle esigenze specifiche, legate a disabilità fisiche, sensoriali, cognitive o mentali.
Ma non solo, ognuno di noi, almeno una volta nella vita, potrebbe trovarsi in una situazione in cui un sito web non accessibile rappresenta un ostacolo insormontabile. Che si tratti di una disabilità temporanea, come una mano ingessata, o di una connessione internet lenta, l’accessibilità è un tema che ci riguarda tutti.
Secondo indagini come il “WebAIM Million”, oltre il 95% delle home page dei siti analizzati presenta ancora errori che violano le linee guida sull’accessibilità WCAG. Questo significa che la maggior parte del Web rimane scarsamente accessibile, e la quota di siti realmente conformi agli standard internazionali è ancora molto bassa.
Il punto pratico per le aziende nel 2026: se una parte ampia del web non è conforme, il rischio di “scoprire tardi” problemi strutturali è alto. E i problemi di accessibilità non emergono solo in fase di audit: emergono quando gli utenti non riescono a completare azioni critiche, quando aumentano i contatti al supporto, quando calano conversioni e quando arrivano segnalazioni formali.
Un elemento spesso sottovalutato: oggi la compliance non è solo controllo “dall’alto”.
Una segnalazione di un utente, di un’associazione o un reclamo legato a un’impossibilità di fruire del servizio può attivare richieste di adeguamento con impatti concreti su tempi e priorità interne.
WCAG, requisiti tecnici e piano operativo: come adeguarsi senza improvvisare
Le linee guida WCAG
Le normative europee si basano sulle Linee Guida per l’Accessibilità dei Contenuti Web (WCAG), che rappresentano lo standard internazionale di riferimento per garantire accessibilità
Dal punto di vista operativo, le WCAG non sono “consigli”: sono criteri verificabili.
Per un’azienda significa una cosa molto concreta: non basta “migliorare l’usabilità”, serve poter dimostrare che i flussi principali del servizio rispettano requisiti misurabili (per esempio: navigazione da tastiera completa, contrasto adeguato, testi alternativi corretti, focus visibile, errori di form spiegati, struttura semantica coerente).
Le Linee Guida per l’Accessibilità dei Contenuti Web (WCAG) si fondano su quattro principi fondamentali che costituiscono l’acronimo inglese POUR: Perceivable, Operable, Understandable, Robust. Tali principi costituiscono la base per progettare e realizzare esperienze web alla portata di tutti, indipendentemente dalle abilità o dalle limitazioni di ciascun utente.

Il modello POUR è la base con cui valutare se un’esperienza digitale è utilizzabile da persone con disabilità e con tecnologie assistive.
Il principio della percepibilità si concentra sulla necessità che le informazioni siano presentate in modo da poter essere percepite da qualunque utente, a prescindere dalle capacità sensoriali. Un esempio pratico di applicazione consiste nell’utilizzare testi alternativi che descrivano in modo accurato le immagini presenti sulle pagine, così da fornire a chi usa screen reader un’idea chiara di ciò che è rappresentato. Questo criterio comprende anche la creazione di trascrizioni per contenuti audio, la disponibilità di sottotitoli per i video e la garanzia di un contrasto cromatico adeguato fra testo e sfondo (almeno 4.5:1 per il testo normale), oltre alla possibilità di ingrandire i caratteri fino al 200% senza perdita di funzionalità.
Per quanto riguarda l’utilizzabilità, l’obiettivo è consentire a chiunque di interagire con il contenuto e di navigare all’interno di un sito in maniera semplice e intuitiva, indipendentemente dal dispositivo o dalle capacità fisiche. Rendere possibile la compilazione di form utilizzando esclusivamente la tastiera rappresenta una pratica essenziale per chi non può servirsi di un mouse. È altrettanto importante offrire indicazioni chiare in caso di errori, come nel caso dei campi obbligatori non compilati, ed evitare che i timeout interrompano forzatamente l’uso di funzionalità interattive, consentendo invece di estenderne la durata o disattivarli. Anche la denominazione comprensibile di pulsanti e link semplifica notevolmente l’esperienza di navigazione.
Il principio della comprensibilità richiede che i contenuti e le interfacce siano concepiti in modo da essere intuitivi e coerenti. Organizzare correttamente il menu di navigazione su un sito, ad esempio, semplifica l’accesso alle diverse sezioni per tutti gli utenti, soprattutto se le etichette adottano un linguaggio semplice e diretto. Testi e descrizioni troppo tecnici o gergali andrebbero sostituiti con termini chiari, oppure dovrebbero essere accompagnati da spiegazioni esaustive. La prevedibilità delle funzioni dei componenti e la precisione delle istruzioni per compiti complessi, come l’inserimento di una data in un formato specifico, contribuiscono ulteriormente a rendere il contenuto facile da comprendere.
La robustezza garantisce infine che i contenuti siano interpretati correttamente da molteplici tecnologie, compresi gli screen reader e i browser più disparati. Una struttura HTML semantica, che impieghi tag adeguati come header, nav, main, article e footer, facilita notevolmente la comprensione della pagina da parte dei software di lettura dello schermo. Testare con regolarità il sito e mantenerne aggiornate le componenti tecniche assicura la compatibilità con le versioni più recenti delle tecnologie assistive. In questo scenario è fondamentale prevedere alternative di testo anche per grafici interattivi o infografiche di natura complessa, in modo che nessuno resti escluso dalla fruizione dei contenuti.
L’applicazione coerente di questi quattro principi consente di realizzare esperienze web che non solo rispettano i requisiti di legge, ma contribuisce a migliorare l’usabilità complessiva di siti e applicazioni per un pubblico sempre più ampio. L’accessibilità va quindi intesa non soltanto come conformità a degli standard, ma come un approccio progettuale che pone al centro la persona, con vantaggi tangibili per ogni tipo di utente.
Nota pragmatica: molte non conformità non sono “difetti invisibili”, ma problemi che impattano conversione e supporto. Esempi tipici: form che non spiegano gli errori, pulsanti con testo generico, pop-up non gestibili da tastiera, componenti che non espongono correttamente lo stato agli screen reader, contrasto basso nelle CTA, focus che sparisce, immagini informative senza alt, titoli non gerarchici.
Attributi ARIA: cosa sono e come usarli correttamente
Gli attributi ARIA (Accessible Rich Internet Applications) servono a comunicare a tecnologie assistive (es. screen reader) informazioni su ruolo, stato e nome accessibile di componenti interattivi, specialmente quando l’HTML da solo non basta (menu dinamici, modali, accordion, tab, dropdown custom).
Attenzione però: ARIA non è una “pezza universale”. Se usata male, peggiora l’accessibilità. La regola pratica è: prima HTML semantico, poi ARIA solo dove serve.
Esempi concreti (pronti da usare)
Esempio 1: link con testo non descrittivo (nome accessibile tramite aria-label)
Scopri di più
Esempio 2: bottone icona (nome accessibile obbligatorio)
Esempio 3: modale accessibile (ruolo, etichetta, gestione focus)
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Esempio 4: accordion (aria-expanded e aria-controls)
Contenuto dell'accordion...
Esempio 5: messaggio errore form (aria-describedby e aria-invalid)
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Questi pattern sono tra i più utili per ridurre rischi reali: form, checkout, menu, modali e componenti dinamici sono anche le aree dove emergono più spesso segnalazioni e “blocchi” di conversione.
Come rendere il tuo sito web accessibile (piano operativo, non solo best practice)
Rendere un sito web accessibile richiede una pianificazione accurata e una conoscenza approfondita delle linee guida WCAG (Web Content Accessibility Guidelines). Tuttavia, ci sono alcune best practice che ogni azienda può adottare:
Scrivere testi alternativi per le immagini: Descrivere in modo chiaro e conciso il contenuto di ogni immagine, utilizzando tag ALT significativi.
Assicurare un adeguato contrasto di colore: utilizzare combinazioni di colori che facilitino la lettura, anche per persone con disabilità visive.
Rendere il sito navigabile da tastiera: tutti gli elementi interattivi devono essere raggiungibili e utilizzabili esclusivamente con la tastiera.
Utilizzare intestazioni semantiche: strutturare i contenuti con tag H1, H2, H3, ecc., per fornire un ordine logico alle informazioni.
Semplificare i moduli: rendere i moduli di contatto e di registrazione facili da compilare, evitando campi non necessari e fornendo indicazioni chiare.
Il salto di qualità sta nel trasformare queste best practice in un processo. Un intervento isolato raramente garantisce conformità: la conformità è l’esito di audit + remediation + test + governance.
Roadmap consigliata (pragmatica)
Un percorso efficace, soprattutto per e-commerce e servizi ad alta complessità, si compone di:
1) analisi dei flussi critici (ricerca, scheda prodotto, carrello, checkout, login/registrazione, form, area personale),
2) audit tecnico e contenutistico con evidenze,
3) piano di remediation a priorità,
4) test con tastiera e tecnologie assistive,
5) rilascio controllato e prevenzione regressioni.
Questo approccio evita due errori comuni: spendere male e ritrovarsi non conformi dopo pochi mesi.
Come evitare di tornare non conformi dopo ogni aggiornamento
Nel 2025, molte aziende hanno già fatto interventi “spot”, ma si ritrovano in difficoltà perché l’accessibilità si rompe con:
nuove landing, aggiornamenti del tema, plugin, slider, popup, tool esterni, tag manager, componenti marketing.
Per questo serve una regola semplice: ogni nuova funzionalità deve passare un controllo minimo di accessibilità prima di andare live.
Pubblicazione della dichiarazione di accessibilità
L’obbligo di pubblicare una dichiarazione di accessibilità grava su tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi digitali al pubblico tramite siti web o app.
La Legge Stanca già imponeva l’obbligo a tutti i soggetti privati con un fatturato medio superiore a 500 milioni di euro negli ultimi tre anni ed alla PA. Con l’EAA il campo di applicazione si è notevolmente ampliato grazie alla Direttiva europea, che estende l’obbligo a un numero più ampio di settori, tra cui banche, trasporti, telecomunicazioni ed e-commerce. L’obbligo di pubblicazione della dichiarazione di accessibilità per i nuovi soggetti, che deve essere fatta entro il 23 Settembre di ogni anno, dovrà seguire le linee guida dell’AgiD. Per questo, e molto altro, è stato attivato a Ottobre di quest’anno il sito https://accessibilita.agid.gov.it/ dove saranno pubblicati tutti i documenti e strumenti utili per gli sviluppatori e responsabili delle aziende preposti all’accessibilità dei siti web.
Nota operativa fondamentale: la dichiarazione non è un “adempimento di facciata”. Se dichiari conformità e poi un utente dimostra l’opposto su un flusso critico (es. checkout), l’azienda si espone a rischi maggiori. La dichiarazione deve essere coerente con audit, stato reale e piano di remediation (se necessario).
Dal punto di vista UX e business, la dichiarazione è anche un segnale: comunica attenzione, canale di feedback e responsabilità. Se gestita bene, riduce conflittualità e aumenta fiducia.
Rischi, sanzioni, deroghe, benefici e strumenti: completare l’adeguamento in modo sostenibile
Benefici per le aziende derivanti dall’essere accessibili
Investire nell’accessibilità significa non solo rispettare la legge, ma anche aprire le porte a un mercato più ampio. Le persone con disabilità rappresentano una fetta considerevole della popolazione, e molte di loro hanno un potere d’acquisto significativo. Inoltre, un sito web accessibile è più facilmente indicizzabile dai motori di ricerca, migliorando la tua visibilità online e attirando un maggior numero di visitatori.
Per gli ecommerce, infatti, l’accessibilità non rappresenta soltanto un requisito normativo, ma un vero e proprio strumento di crescita e differenziazione sul mercato. Rendere il proprio sito facilmente fruibile da chiunque genera un impatto diretto sulle metriche di business e contribuisce a rafforzare l’immagine del brand, perché trasmette un messaggio di inclusione e cura verso ogni tipo di utente. Gli studi di Forrester dimostrano che chi investe in queste strategie ottiene un incremento significativo nell’engagement, mentre Gartner rileva un aumento del traffico consistente delle aziende che hanno adottato soluzioni e pratiche di accessibilità, premiate dai motori di ricerca e da ottimi referral.
Non si tratta di semplici percentuali, ma di dati che evidenziano un trend in continua ascesa. Un’interfaccia ben progettata permette di raggiungere segmenti di pubblico tradizionalmente esclusi o penalizzati, come le persone con disabilità visive, uditive o motorie, ma allo stesso tempo migliora l’esperienza di tutti, semplificando l’usabilità generale del sito. Questa attenzione alla facilità di navigazione produce spesso tassi di conversione più elevati, oltre a ridurre i costi di assistenza clienti grazie a processi più intuitivi.
Ma i vantaggi dell’accessibilità vanno oltre l’aspetto economico. Un’azienda che si impegna a rendere i suoi prodotti e servizi accessibili dimostra un forte senso di responsabilità sociale, rafforzando la propria reputazione e fidelizzando i clienti.
Ricapitolando:
- Espansione del mercato: Raggiungi un pubblico più ampio, includendo persone con disabilità che rappresentano una fetta significativa del mercato.
- Miglioramento della SEO: I motori di ricerca premiano i siti web accessibili, aumentando la tua visibilità online.
- Aumento della fiducia: Dimostra il tuo impegno verso l’inclusione e la responsabilità sociale, rafforzando la tua reputazione.
- Maggiore soddisfazione dei clienti: Offri un’esperienza utente migliore a tutti, aumentando la fidelizzazione e riducendo il tasso di abbandono.
Extra valore (spesso ignorato): accessibilità e qualità dei dati si aiutano.
Form accessibili riducono errori di compilazione, migliorano conversion rate, riducono drop-off e rendono più affidabili gli insight (analytics, funnel, customer journey).
In altre parole: accessibilità è anche un acceleratore di performance marketing quando viene integrata correttamente in UX/UI.
Sanzioni
La competenza per l’accertamento delle violazioni e per l’applicazione delle sanzioni è suddivisa fra l’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) per quanto attiene a servizi e siti web, e il Ministero per lo sviluppo economico, secondo l’articolo 18 del decreto, per quanto riguarda i prodotti.
La normativa stabilisce diverse tipologie di sanzione, che possono essere di natura amministrativa pecuniaria e variano in base alla gravità dell’infrazione e alle dimensioni dell’azienda. Le autorità di vigilanza possono anche ingiungere il ritiro dal mercato dei prodotti non conformi o vietarne la vendita, e per i siti web ordinarne la chiusura oltre la multa relativa.
La Legge Stanca e le sue modificazioni avevano già introdotto sanzioni pecuniarie che, per aziende con un fatturato medio superiore a 500 milioni di euro, possono arrivare fino al 5% del fatturato. A esse si aggiungono le disposizioni dell’articolo 24 del Decreto Legislativo 82/2022, che prevede la possibilità di graduare le sanzioni in funzione della gravità della violazione e della dimensione dell’impresa e di ordinare il ritiro dal mercato di prodotti non conformi.
Il decreto specifica inoltre che la violazione delle norme di accessibilità riportate negli articoli 3, 6 (commi 1-8), 8 (commi 1-7), 9 (commi 1-4), 10 e 12 (commi 1-4) può comportare sanzioni comprese fra 5.000 e 40.000 euro, stabilite sulla base della gravità della violazione, del numero di unità di prodotti o servizi interessati e del numero di persone coinvolte. È prevista una sanzione fra 2.500 e 30.000 euro per coloro che non ottemperino alle disposizioni delle autorità di vigilanza, mentre la mancata collaborazione con le stesse autorità, se non giustificata da un rifiuto motivato che impedirebbe l’emersione di una propria responsabilità per illecito, può comportare una sanzione fra 2.500 e 30.000 euro.
Lettura operativa per aziende per il 2026: il rischio non è solo economico. Le conseguenze più costose spesso sono indirette: blocco di parti del servizio, urgenze di sviluppo non pianificate, rallentamento roadmap, interventi reattivi sul checkout o su aree critiche, aumento ticket al customer care, danno reputazionale.
Per questo conviene un audit e una remediation governata, anziché una corsa ai fix quando arriva la segnalazione.
Deroghe a chi deve fare la dichiarazione
L’European Accessibility Act (EAA) ha un campo di applicazione piuttosto ampio per garantire l’accessibilità di prodotti e servizi a persone con disabilità. Tuttavia, esistono alcune esclusioni e deroghe specifiche.
Ecco i principali servizi (e prodotti) che non rientrano direttamente nell’ambito di applicazione dell’EAA:
1. Microimprese per i servizi: Questa è l’esenzione più significativa per le aziende private. Le microimprese sono escluse dall’applicazione dell’EAA per i servizi (non per i prodotti che vendono). Una microimpresa è definita come un’impresa che ha:
- Meno di 10 dipendenti
- Fatturato annuo o totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.
È importante notare che anche per le microimprese, è fortemente incoraggiato perseguire l’accessibilità, dato che porta benefici a tutti gli utenti e può avere vantaggi reputazionali.
Inoltre, nel mondo reale, molte microimprese dipendono da piattaforme e strumenti esterni: se questi componenti sono non accessibili (es. widget, plugin, form di terze parti), il rischio “esperienza inaccessibile” rimane, anche se la casistica normativa è diversa.
2. Servizi Business-to-Business (B2B): L’EAA si concentra principalmente sui servizi rivolti ai consumatori (B2C). I servizi offerti esclusivamente tra aziende (B2B) non rientrano generalmente nell’ambito di applicazione della direttiva, a meno che non siano offerti anche a lavoratori autonomi o piccole imprese o tramite piattaforme pubbliche.
3. Contenuti specifici di siti web e applicazioni mobili: Il D. Lgs. 82/2022 elenca alcune esclusioni relative a contenuti particolari:
- Media basati sul tempo preregistrati e pubblicati prima del 28 giugno 2025: video o audio pubblicati prima di questa data non devono essere necessariamente resi accessibili retroattivamente.
- Formati di file per ufficio pubblicati prima del 28 giugno 2025: per i file già esistenti l’obbligo non è retroattivo.
- Mappe e servizi di cartografia online: la mappa può avere eccezioni, ma le informazioni essenziali devono essere fruibili.
- Contenuti di terze parti: se non controllati, finanziati o sviluppati dal soggetto erogatore possono avere esclusioni; ma attenzione, perché molti componenti “di terzi” sono comunque integrati e controllabili.
- Contenuti non aggiornati dopo il 28 giugno 2025: possibile casistica di esenzione in condizioni specifiche.
4. Servizi che non rientrano nelle categorie specifiche coperte dall’EAA: Se un servizio non è tra quelli elencati, può non essere soggetto alla direttiva. Le categorie coperte includono comunicazioni elettroniche, media audiovisivi, trasporti, servizi bancari per consumatori, e-commerce, e-book e software dedicati, emergenza 112.
5. Onere sproporzionato (Deroga): Anche se un prodotto o servizio rientra nell’ambito dell’EAA, un operatore economico può essere esentato da specifici requisiti di accessibilità se l’adempimento comporterebbe un onere sproporzionato. Questo deve essere documentato e giustificato in modo rigoroso, considerando i costi, i benefici, le risorse disponibili e la natura del prodotto/servizio.
Nota pragmatica: “onere sproporzionato” non è un’uscita facile. Nel 2026 la tendenza è che venga richiesta una motivazione molto solida e documentata.
Inoltre, per e-commerce e servizi digitali core, le parti davvero critiche (form, login, checkout) sono le prime a essere osservate in caso di segnalazione: qui conviene sempre intervenire.
Come deve essere fatta la dichiarazione
Sul sito di Agid viene messo un template come riferimento. Le sezioni che dovrebbero essere presenti nella Dichiarazione di Accessibilità sono:
- Intestazione: il soggetto dichiara di impegnarsi a rendere il sito o l’applicazione accessibile.
- Stato di conformità: conforme, parzialmente conforme o non conforme.
- Contenuti non accessibili: elenco in linguaggio comprensibile, con motivazione.
- Redazione della dichiarazione: data prima dichiarazione e aggiornamenti.
- Modalità segnalazioni e recapiti: contatti del responsabile.
- Modalità segnalazioni all’AgID: link al canale ufficiale dopo 30 giorni senza risposta.
- Informazioni sul sito / app: data pubblicazione, test, CMS, piattaforme.
- Informazioni sulla struttura: dati su dipendenti con disabilità e postazioni dedicate (dove previsto).
La dichiarazione di accessibilità va resa pubblica pubblicando il link al pdf nel footer, utilizzando la voce “dichiarazione di accessibilità” o “Accessibilità”. In caso di app la dichiarazione va inserita nella sezione dedicata alle informazioni generali riportate nello store e nel relativo sito web del soggetto erogatore.
La dichiarazione è frutto della compilazione del documento WCAG 2.1 o WCAG 2.2 che deve essere tenuto a disposizione, in un cassetto, per eventuali richieste delle autorità in caso di controlli.
Consiglio operativo 2026: conserva evidenze e versione dell’audit collegata alla dichiarazione (anche internamente). Se dichiari “parzialmente conforme”, esplicita che esiste una roadmap e indica le aree su cui stai lavorando. La trasparenza gestita bene riduce conflitti e migliora credibilità.
Il futuro dell’accessibilità web
L’accessibilità web è un campo in continua evoluzione. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie, si aprono nuove possibilità per creare esperienze utente ancora più inclusive. Ad esempio, gli assistenti vocali e la realtà virtuale stanno rivoluzionando il modo in cui interagiamo con il web, e l’accessibilità dovrà essere integrata fin dalle prime fasi di sviluppo di queste tecnologie. Con l’entrata in vigore della direttiva europea sull’accessibilità (EAA) l’europa ha messo un punto fermo su cui tutte le nuove tecnologie devono confrontarsi ma, allo stesso tempo, trovano un aiuto grazie alla facilità di comprensione e accesso del contenuto.
Nel 2026 la direzione è chiara: accessibilità, qualità dei contenuti e architettura informativa diventano fattori “abilitanti” anche per i motori di ricerca e per i sistemi basati su AI. Un contenuto strutturato, navigabile e semanticamente chiaro è più facile da interpretare, riusare e citare.
Cosa possiamo fare per voi
L’accessibilità web non è un optional, ma un imperativo per un futuro digitale inclusivo. Investire nell’accessibilità significa costruire un mondo dove tutti possano partecipare attivamente alla vita online. È un investimento che porta benefici a tutti: alle persone con disabilità, alle aziende e alla società nel suo complesso. Ma comporta ancora un aumento della complessità nel progettare siti ed ecommerce. Alla necessità di uno studio della UX e della UI ora si affianca quello dell’accessibilità e di manutenere il livello iniziale della messa online con la dichiarazione di accessibilità annuale. Una nuova sfida, dove alla responsabilità etica si affiancano nuove opportunità di business, per avere un mondo più giusto e informazioni alla portata di tutti.
Da non dimenticare, infine, che un contenuto accessibile è anche più facilmente interpretabile da motori di ricerca e sistemi di AI generativa.
Abbiamo 25 anni di storia e abbiamo vissuto tutta l’evoluzione del web, dal suo inizio ad oggi, per questo possiamo aiutarvi a rendere il vostro sito conforme alle normative e alle questioni etiche, a prepararvi la dichiarazione di accessibilità, a farvi un report su cosa migliorare del proprio servizio o sito digitale, ma anche ad avere dei vantaggi concreti di business.
Approccio consulenziale (primo passo pragmatico): il primo passo non è “rifare tutto”.
Il primo passo è capire se oggi sei conforme, dove non lo sei e quali sono le priorità (legali e di business). Da qui costruiamo una roadmap che tiene insieme UX/UI, sviluppo, contenuti, componenti di terze parti e governance, con test e prevenzione regressioni.
Se vuoi un criterio semplice: inizia dai flussi che muovono valore e rischio (contatti, login, checkout, pagamenti, prenotazioni). È lì che l’accessibilità diventa immediatamente misurabile.
Domande frequenti sull’European Accessibility Act (FAQ)
Di seguito trovi le risposte ai dubbi più comuni sull’applicazione dell’European Accessibility Act
per aziende, e-commerce e servizi digitali. Le FAQ sono strutturate per una consultazione semplice,
accessibile e conforme.
L’EAA si applica anche ai siti già online?
Sì, l’European Accessibility Act è già pienamente in vigore.
L’obbligo non riguarda solo i nuovi siti o le nuove piattaforme, ma
tutti i servizi digitali attivi che rientrano nel perimetro della normativa.
Se un sito web, un e-commerce o un’applicazione è online ed è utilizzata da utenti
nel mercato europeo, deve rispettare i requisiti di accessibilità previsti,
indipendentemente dall’anno di pubblicazione.
Basta pubblicare la dichiarazione di accessibilità?
No. La dichiarazione di accessibilità non è un semplice adempimento formale.
Deve riflettere lo stato reale di conformità del sito o dell’applicazione.
Dichiarare conformità senza che i flussi principali (form, login, checkout,
pagamenti, prenotazioni) siano effettivamente accessibili
espone l’azienda a rischi maggiori in caso di segnalazioni o verifiche.
La dichiarazione dovrebbe essere supportata da audit,
evidenze tecniche e, se necessario, da un piano di remediation chiaro.
Le microimprese sono sempre escluse dall’EAA?
No. L’esenzione per le microimprese riguarda solo alcune tipologie di servizi
ed è subordinata a requisiti precisi, come il numero di dipendenti
e il fatturato annuo.
Inoltre, anche quando l’esenzione è applicabile dal punto di vista normativo,
l’accessibilità rimane una buona pratica che migliora l’esperienza utente,
riduce problemi operativi e può avere effetti positivi su conversioni e reputazione.
Gli attributi ARIA risolvono i problemi di accessibilità?
No. Gli attributi ARIA sono uno strumento di supporto,
ma non sostituiscono una corretta struttura HTML,
la navigazione da tastiera, un contrasto adeguato,
la gestione del focus e messaggi di errore comprensibili.
ARIA va utilizzata solo quando necessario,
soprattutto per componenti dinamici o personalizzati.
Un uso improprio o eccessivo può addirittura peggiorare l’esperienza
per chi utilizza tecnologie assistive.
Da dove conviene partire per adeguarsi in modo sostenibile?
Il punto di partenza corretto è un audit di accessibilità
sui flussi che generano valore e rischio:
moduli di contatto, login, registrazione, checkout,
pagamenti, aree riservate.
Da qui si costruisce una roadmap con priorità chiare,
evitando interventi spot e prevenendo regressioni
a ogni aggiornamento del sito o delle funzionalità digitali.
Riferimenti normativi e Link utili
- Dataset sui livelli di disabilità in Europa forniti da Eurostat: https://ec.europa.eu/eurostat
- Infografiche su livelli disabilità in Europa: https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/disability
- Normativa AgID: https://www.agid.gov.it/it/design-servizi/accessibilita/normativa
- Portale strumenti e linee guida accessibilità: https://accessibilita.agid.gov.it/
- WCAG 2.1 in italiano: https://www.w3.org/Translations/WCAG21-it/
- Modello di autovalutazione di accessibilità: https://docs.italia.it/…/Allegato%202%20-%20Modello%20di%20autovalutazione.pdf
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